In tournèe da novembre, con il debutto di Carignano, abbiamo raggiunto telefonicamente la regista impegnata nella penultima data di Torino al Teatro Erba.
Siete compagni di vita e di lavoro, sposati dal ’95. In che occasione vi siete conosciuti?
«Al doppiaggio a Torino. Fu un colpo di fulmine. Mario è un comico nato, dalla capacità di improvvisazione straordinaria. Quando gli inviavano le scene inventava pezzi esilaranti che sostituiva alle battute originali con un sincrono perfetto! Sono rimasta affascinata. Poi ho cominciato a scrivere monologhi per i suoi spettacoli di cabaret. 12 anni fa siamo passati alla prosa e da allora siamo coppia fissa. Prima “Mortimer e Wanda” del 2000, definito dalla critica “un piccolo cult”, “Separazione” del 2008 e “Casina”, in scena anche a segrate nel 2009».
Qual è stato il vostro percorso formativo?
«A Torino abbiamo studiato all’Accademia d’Arte Drammatica di Ernesto Cortese. Dopo diversi lavori in rai, abbiamo proseguito con l’attività di professionisti, dedicandoci al doppiaggio e al teatro».
Doppiatori e attori, passioni che si intrecciano o vi appassiona più l’uno o l’altro lavoro?
«Il teatro è magia. Magia dello spettacolo, sempre diversa. E poi il rapporto con il pubblico, con cui si crea uno scambio fortissimo, è impagabile. L’obiettivo di attori e tecnici è regalare un sogno, quindi tutto deve funzionare. È un compito difficile. Da perseguire dall’inizio alla fine altrimenti si perde l’incanto che tiene insieme la finzione. Il doppiaggio, invece, è recitazione pura, una cosa completamente diversa. Ci si affeziona ai personaggi delle serie: sono rimasta orfana di Olivia Spencer (Crystal Chappell in “Sentieri”) dopo la chiusura della telenovela durata 72 anni!».
Incontrate difficoltà a lavorare insieme?
«No, per noi è bellissimo! Nonostante siamo entrambi attori – e, si sa, gli attori sono un po’ egocentrici – facciamo a gara a chi aiuta di più l’altro. Passiamo ore e ore insieme in auto, durante il montaggio e la lavorazione degli spettacoli. La tournèe per noi è un viaggio di nozze!».
Passiamo allo spettacolo che andrà in scena in Commenda. Il testo teatrale è inedito. Come è nato? Come mai la scelta è caduta su questo testo di Kundera?
«È una riduzione in forma di tragi-commedia che prende fortemente posizione nel movimento degli intellettuali. Ho soggiornato a Praga per approfondire la conoscenza del romanzo e per restituire attraverso il breve e immediato linguaggio teatrale, una storia che mi ha commosso. Ho fatto delle ricerche storiche – mi sono rivolta alla Procura Generale per avere atti e protocolli segreti dei Paesi del Patto di Varsavia – e musicali. Nella rappresentazione ho inserito solo brani di tradizione ceca, a rappresentare la mentalità popolare durante la Primavera di Praga, la lotta a suon di musica, arte, cinema, teatro. Questo spettacolo non è di propaganda politica, ma punta a far conoscere il recente passato di un Paese a noi vicino. È una storia d’amore unica e avvenuta una sola volta, ma al tempo stesso avvenuta milioni di volte in tutti quegli uomini e quelle donne che si riconoscono in Tereza e Tomas. È una protesta di sentimenti, di intimità violate, di carriere distrutte; una risposta laica al desiderio insito nell’animo umano, inesperto e passeggero, troppo leggero per sostenere l’assoluto. È una dolcissima danza di Pathos e Logos sui suoni della Boemia di Milan Kundera, che di Passione e Ragionamento è stato grandissimo maestro».
Che tipo di modifiche avete apportato al testo originale?
«Rispetto al romanzo, ho impostato come parte dominante la storia d’amore e le difficili vicende di Tereza e Tomas per rappresentare gli avvenimenti storici dell’epoca. Poi ho aggiunto la storia del professore universitario Franz e della sua allieva Sabina, due personaggi moderni che discutono di filosofia e che con buffo umorismo portano lo spettatore ad immedesimarsi nelle situazioni, rendendo leggero l’esercizio del pensiero. I dialoghi filosofici stanno a dimostrare che la cultura può essere divertente se l’approccio è giusto e non violento, sempre vero e semplice, mai semplicistico. Un po’ perchè siamo a teatro, un po’ perchè i drammi passati devono essere rispettati. Il dolore gridato e sofferto è “del momento”, quando avviene il delitto. Anni dopo puoi permetterti il lusso di raccontare l’avvenimento in maniera ironica».
Ha incontrato difficoltà nella traduzione a testo teatrale?
«Metti insieme fantasia, piacere per la musica e ammirazione per l’autore … e il risultato è una trascrizione libera e ispirata. Ho impiegato un anno. Quando mi è balenata l’idea ho dovuto costruire i dialoghi, non presenti nel romanzo, di Tomas e Tereza. E quindi mi son detta “Se riesco a scrivere il primo atto, è fatta!”. In verità, poi sono andata avanti senza sapere se sarei riuscita davvero a finirlo. Ma sono arrivata alla conclusione e così siamo passati allo studio fisico delle parti e all’allestimento scenico. Curata dal grande Nicola Rubertelli, la scenografia è corposa, con muri imponenti che bloccano le vie d’uscita. Un labirinto, entro il quale, come topi in gabbia, i personaggi si trovano spiati e costretti nel percorso obbligato del regime stalinista, che censura ogni movimento».
Concludete la stagione a Segrate, città in cui abitate. Com’è andato finora lo spettacolo?
«Siamo molto contenti del successo. Lo spettacolo è faticoso ma siamo tranquilli. L’unica angoscia per il finale è riuscire a costruire la scenografia, rendendo onore al lavoro di Rubertelli, sul palcoscenico di Cascina Commenda che poco si presta a questo tipo di allestimento».
Il prossimo lavoro? C’è qualcosa in cantiere?
«Per l’anno prossimo abbiamo in programma la nuova tournèe de “L’insostenibile leggerezza … ”, sperando di poter arrivare al terzo anno di repliche come in “Casina”. Ora sono troppo presa e concentrata su questo spettacolo per iniziare a dedicarmi a un altro».
In questa situazione di crisi generale in cui anche le istituzioni lo considerano in secondo piano, cosa si può fare per migliorare le condizioni del teatro?
«Gridare che non è così e sbugiardare le persone che lo dicono. Anche il Ministro Monti se non avesse seguito il suo percorso di studi, non sarebbe arrivato dove è arrivato! Gridare la verità. Questo spettacolo ha come linea guida la trasposizione teatrale di un romanzo importante e quindi ha la possibilità di fare conoscere al pubblico gli ideali di umanità, libertà intellettuale e cultura. Cultura che riguarda tutti. È grazie alla cultura degli intellettuali che hanno gridato e ai politici che hanno rischiato la vita che la rivoluzione ceca è stata la meno sanguinaria di tutte. É una rivoluzione nata e mossa dalla fame e che non è sfociata nell’ignoranza, ma nella conoscenza che rappresenta la prima difesa dalla morte. I russi avevano distrutto la cultura. Nessun ceco ha preso in mano un’arma. Il popolo ha creduto e seguito gli intellettuali che all’epoca si sono esposti. Oggi la Repubblica Ceca è uno dei primi Paesi al mondo in cui si legge di più. La cultura salverà il mondo, soprattutto in momenti di grande crisi. Perchè restano la speranza, la fantasia, l’intelligenza e il desiderio di socialità. E la gente si rifugia in questi valori. La dimostrazione è che il teatro sta subendo una fioritura. E per questo deve essere parte del mondo di oggi, per trasmettere anche un’immagine grottesca di ciò che siamo».
Appuntamento sabato 31 marzo, ore 21. Ingresso da 12 a 15 euro. Info e prenotazioni: TicketOne Cascina Commenda: Via Amendola 3, Segrate. Tel: 02-2137660 – info@spazioteatrio.it – da mer a sab (orari: 10-13 / 16-19).