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mercoledì 16 maggio 2012

Intervista a Massimo Stingo, maestro di canto alla scuola di TeAtrio


«L’espressione della bellezza. Il motore della vita». Per Massimo Stingo - musicista, insegnante, tecnico audio e luci e compositore per le produzioni della compagnia TeAtrio – è questo il valore della musica. Diplomato in violoncello, per anni si è esibito in concerti in giro per l’Italia, tra locali e teatri, fino ad approdare a TeAtrio. L’abbiamo incontrato in occasione dello spettacolo finale “Just for one night!” degli allievi del suo corso di canto in programma il prossimo 24 maggio.
Come è iniziata la tua carriera di musicista?
«Ho studiato violoncello al Conservatorio G. Verdi di Milano, in concomitanza con il liceo interno, con due Primo Violoncello: Antonio Pocaterra prima e in seguito Luigi Veccia, mio nonno, che insegnava anche alla Scuola Civica di Milano».
Quali esperienze hai avuto in orchestra?
«A 16 anni ho suonato con l’orchestra della Scuola Civica che offriva anche interessanti prospettive di tour. Per 8 anni ho fatto parte dell’Orchestra Giovanile dell’Unione Europea, fondata nel 1974 dal Maestro Claudio Abbado e composta da 140 musicisti tra i 14 e i 24 anni selezionati tra circa 4 mila candidati. Ci muovevamo con cinque pullman! Per due anni sono stato anche il più giovane violoncellista dell’Orchestra Stabile del Festival dei Due Mondi di Spoleto».
Quando ti sei avvicinato alla musica leggera?
«A 20 anni, dopo il diploma in violoncello, ho avuto alcune esperienze cameristiche e di incisioni discografiche per archi e mi sono esibito due volte anche per il Papa nella sua residenza estiva a Città del Vaticano. Pian piano però ho abbandonato il violoncello. La scelta è derivata sia dalla passione per la musica leggera che da motivi economici. Vent’anni fa quando i locali di Milano erano più aperti a esibizioni di gruppi emergenti, era più facile trovare lavoro. Nelle orchestre, invece, non c’è molto ricambio generazionale. Ho iniziato a suonare la chitarra nei locali e mi sono esibito sia come solista che con cinque gruppi, sperimentando generi diversi: rock italiano e musica d’autore, tribute e cover band, funky. Ho fatto anche il corista-violoncellista per alcuni gruppi».
Quanto ha contribuito la preparazione classica alle tue esperienze successive?
«Molto. Sicuramente l’impostazione musicale che ho ricevuto e la mia predisposizione per la musica mi hanno aiutato ad essere versatile. In conservatorio ho seguito il corso quinquennale obbligatorio di canto corale e poi privatamente ho studiato canto jazz. Ho proseguito da autodidatta affiancando lo studio alla lettura di libri che trattavano tale disciplina e nello specifico la respirazione, importante per la corretta emissione del suono e per l’impostazione vocale. In seguito, ho deciso di intraprendere in prima persona l’insegnamento per trasmettere il giusto connubio tra tecnica e capacità di esternare emozioni. Da 15 anni insegno nella scuola di TeAtrio».
Come ti sei avvicinato alla compagnia di TeAtrio?
«Mia sorella Barbara mi ha spinto ad andare a vederla nell’allora scuola di Milano 2. Ho iniziato aiutando Alessandro Bontempi nel dietro le quinte degli spettacoli, sistemando casse e mixer, preparando compilation e distribuendo volantini pubblicitari degli spettacoli per le vie di Milano 2. In bicicletta, insieme a lui. In questo modo riuscivamo a coprire un bacino limitato di persone ma il metodo ha funzionato: in alcune occasioni abbiamo dovuto rifare lo spettacolo anche quattro sere di fila per riuscire ad accontentare tutti. Lo spazio raccoglieva solo 90 posti».
Hai fatto anche il corso di teatro?
«Sì, a un certo punto della nostra collaborazione ci siamo detti “arricchiamoci a vicenda!”. E così io ho fatto teatro e Ale canto. Ho fatto parte del cast di “Novecento” dove, durante il famoso duello, ho sfidato a suon di vocalizzi Claudio Pozzi che rispondeva al pianoforte. È stata una bellissima esperienza».
Attualmente di cosa ti occupi?
«In generale seguo la parte musicale, dalle serate di liscio e tango al PalaSegrate, alle Colazioni Musicali durante la stagione estiva in Commenda. Compongo le colonne sonore delle nostre produzioni e insegno canto».
Preferisci stare più dietro le quinte?
«Beh, per vent’anni sono stato quello davanti. Ora preferisco occuparmi della parte tecnica degli spettacoli e della preparazione dei miei allievi».
Com’è strutturato il corso di canto?
«Sono due anni. Il primo è dedicato allo studio della respirazione, dell’emissione del suono e della corretta postura e alle basi fondamentali di teoria e solfeggio. Poi si passa a cantare senza l’ausilio della voce guida, puntando l’attenzione sulla capacità espressiva e sulla gestione dello spazio sul palco. Nel corso del secondo anno si perfeziona il canto dando spazio alla corrente musicale di appartenenza di ciascuno. Poi si passa alle basi dell’improvvisazione e all’esibizione su strumenti dal vivo».
Quanti allievi segui e qual è la fascia di età?
«In ogni gruppo non più di otto persone, per assicurare a tutti la giusta attenzione. La frequenza è settimanale da 2 ore alla volta, con incremento di lezioni straordinarie nel mese del saggio. C’è anche la possibilità di seguire lezioni singole. L’età è varia, dai 16 anni in su. ».
È più difficile cantare in italiano o in inglese?
«Sicuramente in italiano. L’inglese è più musicale e si presta meglio alle linee melodiche perchè mancano le parole dalla pronuncia “dura”. L’italiano viene ancor prima del tedesco come livello di difficoltà».
Se si presenta qualcuno molto stonato… come ti comporti?
«Propongo un corso di educazione all’orecchio. Stonato è chi non riesce a tradurre il suono in nota. Ci sono persone stonate per definizione, ma in realtà secondo me avrebbero solo bisogno di un orientamento musicale e di sfogare questa bellezza nel quotidiano, anche solo canticchiando o fischiettando. Non si può vivere senza musica!».
Appuntamento giovedì 24 maggio ore 21, Cascina Commenda. Ingresso 5 euro. Info e prenotazioni: 02-2137660; info@spazioteatrio.it.
Fotografie di Nicodemo Luca Lucà


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